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      E Bruto, che non s'inchinò mai nemmeno a Giulio Cesare, fece un inchino a tutti costoro, e li ringraziò.
      Cessato lo strepito e gli evviva, ricominciò la recita. Anche il Camillone, che pur non sapeva il francese, ma che aveva per interprete uno scultore di Parigi che da più anni dimorava a Roma, ci racconta che si sentì trasportato a tutto ciò che Bruto nella scena terza disse a Giulio. Aggiunge poi che l'entusiasmo di tutto il pubblico, anzi la frenesia, andò al colmo a quei versi onde si chiude, la scena:
     
      Tout mon sang est à toi, si tu tiens ta promesse;
      Si tu n'es qu'un tyran, j'abhorre ta tendresse:
      Et je ne peux rester avec Antoine et toi.
      Puisqu'il n'est plus Romain, et qu'il demande un roi.
     
      Dopo una tal scena, non ci fu più interesse di sorta; e il primo atto si chiuse tra una specie di bisbiglio sedizioso, soverchiato dalla voce sonora di un uomo del Trastevere il quale, allorchè Cesare e Antonio uscirono dalla scena:
      - E che ve pigli un accidente, - gridò tra le risate universali e le interrogazioni dei soldati francesi, che domandavano che cosa significasse quel motto.
      Tra il primo e il secondo atto ci fu un intermezzo abbastanza lungo, il quale, pur troppo, per la nostra storia, ha un interesse assai più grave che la recita del Giulio Cesare e l'esposizione della statua di Pompeo Magno.
      In mezzo all'ufficialità, presso a Massena e al generale Cervoni, sedeva colui che il lettore forse desidera di conoscere da un pezzo: il colonnello Achille S...
      Vestiva la divisa d'ussaro, tutta coperta di argento; stava seduto militarmente, senza tanti rispetti forse per essere seduto a mal agio, teneva con un braccio il ginocchio della gamba destra, che era piegata sin quasi a toccargli il mento; la gamba sinistra, stretta nei calzoni rossi e negli stivali succinti, si stendeva quant'era lunga a toccare il gradino sottoposto.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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