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      E ad accrescergli tanta indignazione s'aggiunse precisamente a quei dì la sua rottura con Vincenzo Monti. La causa era stata Omero. Chi mai lo avrebbe detto al cieco d'Ascra? I più allora accusarono Foscolo d'invidia. Ma oggi possiamo noi dir questo? oggi che, confrontando i sei canti dell'Iliade da lui tradotti con quelli del Monti, si vede quanta differenza interceda tra i due lavori, e come sia stato un vero danno che la eccessiva facilità di Monti abbia scoraggiato il suo rivale di perdurare lunghi anni in quell'impresa, che davvero pareva fatta per lui solo; per lui che era poeta per lo meno quanto Monti, ed aveva più passione e più viscere, e possedeva il privilegio di essere davvero italo-greco.
      Ma lasciamo la sala del trono e dell'apoteosi, e rechiamoci a vedere altre sale ed altre faccie.
     
     
      II
     
      Nella sala delle Cariatidi, non al tutto allora compiuta, ma così ornata di velluti e veli e frange auree e festoni e fiori, che a nessuno appariva qual parte di essa avessero lasciato in sospeso l'architettura e le arti sorelle, fervevano le danze, ma fervevano più nei cuori caldissimi degli ufficiali e delle dame sospiranti in segreto agli spallini ed ai petti onorati di aquile ferree, che nel muover dei passi misurati a convenzionale lentezza. La musica era diretta da Alessandro Rolla e dal Pontelibero.
      I vecchi, che erano vivissimi nel 1810, e vivono ancora oggi, e tennero dalla natura una tempra così robusta, e il tubere della giovialità così pronunciato, e pilori a macina di costruzione così prodigiosa che ancora s'arrischiano a vegliare ad ora tardissima; e se c'è una festa che esca dalla sfera comune, son là pronti in cravatta bianca prima dei giovani ad assaporarla, ci assicurano colle mani sul petto, che se le beltà femminili, per qualità e quantità, sono oggi in una condizione ancor molto prospera, mezzo secolo fa fiorivano con insuperabile rigoglio; ma sopratutto ci assicurano che oggidì la razza grande è quasi spenta affatto - la razza delle donne, vogliamo dire, dai colli e dalle braccia di Giunone; o che, volendo lasciare in pace le olimpiche deità, potrebbero servire allo statuario per modellare qualcuna delle virtù teologali.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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