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      Della sua giovane moglie egli non ebbe mai a lagnarsi; non mai una disobbedienza, non un atto di malavoglia, nè un segno, fosse pur fuggitivo e involontario, di malumore. Ben rassicurato adunque di avere per compagna una donna marmorea, cominciò a lasciarla sola qualche volta in conversazione; le permise d'andare a trovar sola qualche amica. Nell'occasione di alcune feste straordinarie, non già permise, perchè ella non gli domandò mai nulla, ma le ingiunse espressamente di comparire in esse pomposamente foggiata. Assaporando il trionfo di sentirla lodata e ammirata e citata dagli uomini e dalle donne, perfino dai galanti ufficiali, come un modello insuperabile di virtù, anzi come un'eccezione, rinnovò quei comandi. Era sempre la smania del primato che lo consigliava. Nè la contessa, sebbene qualche volta girando lo sguardo sentisse qualche lampo istantaneo di desiderio, poteva correre nessun pericolo. Quantunque bella e leggiadra e soave e simpaticissima, ella, in quanto agli effetti, era nella condizione di una donna diabolicamente deforme; chè nessuno dei giovinotti pretendenti e battaglieri osava accostarla con intenzioni oblique; nessuno si sarebbe fatto lecito di rivolgerle una di quelle frasi, che sono gli scandagli, gli ami e le reti della galanteria.
      Non si spera se non ciò che è possibile, anche dando alla possibilità il più esteso confine. Ma l'impossibile non entra mai nel giro delle nostre ambizioni. Bonaparte quand'era colonnello a Tolone non sognò mai di diventare imperatore; ma lo sognò, lo desiderò e potè sperarlo quando fu console.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Tolone