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      Il duca Litta, che era felicissimo quando poteva appagare un desiderio del vicerè, non si fece pregare due volte; e mandò fuori gl'inviti. Anche il conte Aquila lo ricevette e lo accettò, per la solita ragione di far vedere a tutti che egli non odiava nè le feste, nè i numerosi convegni, ma che soltanto si asteneva da quelli che si davano a corte.
      Ora se, invece di scrivere oggi, fossimo addietro quarant'anni, quando Walter Scott era l'autore più avidamente letto in Europa e gli scrittori di Francia e d'Italia se la godevano ad imitarlo, ce la godremmo anche noi a descrivere quella caccia in ogni suo momento, in ogni suo accidente; a fare il nome di tutti i cacciatori illustri che v'intervennero, di tutte le Diane seguaci col cappellino alla Bolivar; a dar l'elenco di tutti i levrieri più celebri che addentarono l'orecchio alle lepri fuggitive.
      Sopratutto poi non ci lasceremmo sfuggire la bella occasione di descrivere parte a parte la villa di Lainate, che allora era in tutta la sua voga e la sua celebrità. Ma, per nostra fortuna, la moda delle descrizioni interminabili è passata; onde, lasciando ai lettori il permesso di dipingersi il fondo, ci occuperemo soltanto delle macchiette e dei gruppi che staccano su di esso.
     
      III
     
      Ci siamo diffusi a far la storia dei principj e del processo della malattia di cuore sofferta dalla contessa Aquila non per altro motivo, che perchè fu una delle cagioni che prepararono e resero irreparabile uno dei più funesti avvenimenti che mai abbiano contristata la città di Milano.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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