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      IV
     
      Uditi gli scalpori della Falchi per quella fortuita omissione del duca Litta, il ministro Prina, che stava una sera giuocando all'ombretta spagnuola coll'avvocato:
      - La si tranquillizzi, signora Teresa, diss'egli, così tra il buffo e il serio; il signor duca la inviterà. La caccia deve essere dopodomani; dunque a quest'ora tutti gl'inviti non possono esser fuori. Che, se mai fosse stata dimenticata, già ella sa che chi manda fuori gl'inviti è il maggiordomo della casa, il quale è un balordo, e si regola così a vista di naso, e può benissimo essersene dimenticato. Il maggiordomo ha passato i sessantacinque anni; ha altro per la testa che le belle donne della città (il ministro calcò su questa frase, perchè, ridendo fra sè stesso, sapeva che quello era il lato da solleticare per far cessare il temporale). Ma in ogni modo, signora Teresa, faccia conto di essere bell'e invitata. Prima di andare a letto devo passare dal duca, e tutto anderà a suo posto.
      - Ma che il signor duca non creda poi che io faccia impegni...
      - Il duca non crederà niente... lasci fare a me, signora Teresa, e cessi di riscaldarsi.
      - E non vorrei che quelle smorfiose dei quattro quarti venissero a sapere...
      - Ma, e che vuol mai, che si venga a sapere?... Cara la mia signora, m'accorgo in conclusione che ha ragione Andrea, il cameriere, quando dice che la signora padrona ha buon tempo...
      - Come, come, il cameriere ha avuto coraggio?... Ma io lo scaccerò su due piedi.
      - La signora Teresa non verrebbe con ciò che a dare ragione a quel buon diavolo di Andrea, il quale disse per giunta che tutte le belle donne dal più al meno hanno un poco del matto e che chi le rovina sono i cicisbei che lor dànno l'incenso.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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