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      Com'è naturale, non trovò mai nessuno che si acconciasse a codesto patto. Ella era tanto bella e cara e seducente, e nel periodo acuto del suo innamoramento faceva provare tali estasi a chi ne era il passeggiero oggetto, che questi subiva tosto quella passione acuta che non soffre commensali alla medesima tavola. Ognuno voleva essere il solo possessore di quel caro bene. Ma il caro bene non volendo vincoli di sorta, e dando accademia d'amore, come la si darebbe di poesia estemporanea, metteva tosto alla porta i pretendenti che ambivano un trono assoluto, ed erano avversissimi alla monarchia mista.
      Ugo Foscolo, che aveva una predilezione particolare pei grandi occhi lucenti, guardò spesso in teatro colei, che in vero ne possedeva un pajo di primissima qualità. Egli, sentendo a sparlare di quella divinità volubile da coloro che erano stati e trionfatori e vittime, ne assunse la difesa con quella sua eloquenza procellosa e invadente, fatta di sentimento e d'erudizione classica. Tuonava in favore del genere di vita ch'ella conduceva, e la raffrontava alla greca Aspasia, che diede lezioni d'amore anche a Socrate. La contessa seppe di quelle arringhe di Foscolo, e come donna di vivacissimo ingegno e di molta coltura, essendo innamorata dell'Ortis e dei Sepolcri e dell'Ode per la Pallavicini, un giorno scrisse un letterino a Foscolo, pregandolo a passare da lei. Foscolo ci andò; le prime parole che la contessa gli rivolse, appena esso comparve sulla soglia del gabinetto, furono precisamente queste: «Ho sentito che voi mi chiamate Aspasia; accetto la lode e, purtroppo, anche il biasimo; ma voi, che siete greco, dovreste fare assai bene la parte di Pericle; se ci state, rinnoveremo i bei tempi di Atene; fra tanti asini che le stanno intorno, se Aspasia è volubile non è poi da condannarla; si provi adunque Pericle a far miracoli.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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