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      In ogni modo, essa che non amava il vicerè (la ragione già ci sarà stata), acconsentì al desiderio di Foscolo, girò intorno gli occhi, chiamò il colonnello dei dragoni reali che già abbiam visto seco: - Mettete gente insieme, gli disse, e seguitiamo il vicerè.
      E molti si misero al galoppo. Il colonnello stava ai fianchi della contessa A...
      Ed ora è certo che il lettore farà gli occhi attoniti, ad onta di tutto quello che abbiam detto sul conto della A...; ma pur troppo le faccende non eran nette con quel colonnello; Jacopo Ortis e all'Ombra dei cipressi non furono rimedj abbastanza eroici per far la cura radicale di colei. Essa in quel giorno sentì per il dragone, che aveva visto altre volte, una di quelle accensioni di cui già parlammo; di quelle accensioni che le facevano cacciar dietro le spalle ogni rispetto. Senza perder tempo, secondo il suo costume, con quei suoi modi, dove la sfacciataggine (già non c'è altra parola) si rendeva amabile per un garbo tutto suo proprio, aveva fatto la sua dichiarazione al colonnello, il quale dal canto suo pare che abbia voluto tener conto del proverbio che a caval donato non si guardi in bocca.
      Raggiunsero il vicerè, che rimase sconcertato, e a tale che a un certo punto dovette lasciar la contessa. Questa si mise con altre dame. La A... era tanto infervorata del colonnello, che non si curò più della raccomandazione di Foscolo. L'ora si fece tarda. Scavalcarono alla villa Litta a Lainate. La contessa A... condusse le cose in modo da rimaner sola sotto un androne col colonnello.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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