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      La Falchi, che aveva importunato il ministro Prina per essere invitata del duca Litta, colla speranza di trovarsi ancora col vicerè e ritessere la calza di cui eran cadute le maglie, si sforzò a non voler credere alle parole della A...; ma in conclusione capì che ci doveva essere qualche cosa davvero; e diede il giusto valore ad alcune circostanze che dapprima le erano sembrate enigmi; infine ne ebbe un tal dispetto, che le si converse in arsenico tutta l'abilità del cuoco di casa Litta.
      Gli uomini e le donne che hanno l'indole della Falchi non è facile misurare fino a che punto possono riuscire infeste al prossimo. Le bestie feroci c'è l'usanza di chiuderle in gabbia. I delinquenti si mettono in prigione; ma che provvidenza sarebbe se si potesse fare altrettanto cogli uomini, la cui ferocia è di quel genere latente che dilania e divora alla sordina e salta a piè pari, senza nemmeno rasentarli, tutti i paragrafi del codice criminale? La Falchi era ignorante e triviale, ma aveva ingegno acuto e forte; ingegno fatto di perfidia e di veleno, ma ingegno sempre. La sua indole l'abbiamo analizzata alquante pagine addietro, e il lettore si ricorderà come l'ambizione e la smania di soverchiare altrui in tutto fosse la febbre acuta che non la lasciava mai tranquilla. Così fosse stata una febbre acuta da gettarla in un letto e da metterla presto nelle braccia d'una morte benefattrice. Ma se, come la tigre reale, ella aveva indosso una rabbia cronica, come la tigre reale aveva una forza poderosa e una salute inalterabile e un piloro di porfido da macinare anche il diamante.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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