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      In virtù di questo fenomeno umano, che si ripete e si verifica costantemente, allorquando il conte vide la Falchi al teatro imperiale, malgrado il proprio orgoglio e la nessuna stima che aveva di quella donna, si recò a farle una visita.
      L'avvocatessa, naturalmente, politicava e spoliticava, trinciava sulle questioni le più ardue con una sfacciataggine beata, che qualche volta le permetteva persino di dir qualche cosa di buono. Il conte si sarebbe turate le orecchie per non sentirla; ma quella rosea facciotta, e quel dialetto, e quel pezzo di patria vivo e vero, che valeva almeno come una veduta del Duomo di Milano, gli faceva sopportabile e persino amabile quella compagnia. Siccome poi, sempre in virtù di quella sfacciataggine beata, ella si mescolava a tutti i crocchj e recavasi dappertutto e un po' per commendatizie del ministro Prina, un po' per l'amicizia del cavaliere Aldini, aveva potuto parlare e avrebbe parlato ancora con qualche alto personaggio, e anche con taluno di quelli che stavano vicinissimi all'imperatore, così amava di sentire da lei che cosa aveva pescato nel mare della politica ancor burrascosa; e con tanto più di interesse faceva questo, in quanto considerava che quei personaggi si sarebbero abbottonati con lui che era patrizio ed elettore e tenuto in conto d'uomo di gran levatura, mentre si sarebbero lasciati cogliere spensierati dalle interrogazioni di una donna che a tutta prima pareva una chiacchierona insulsa, ma che all'ultimo era scaltra e svegliata fino a non lasciarsi sopraffare dai monosillabi di Talleyrand.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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