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      Una sera il conte Aquila discese, insieme con madama Falchi, alla tavola rotonda dell'albergo di Marengo, dov'era alloggiato e dove erasi trasferita anche madama, per essere stato chiuso, per ordine del ministro di polizia, l'albergo di Montmorency, dove alloggiava prima, perchè l'albergatore fu indiziato di aver avuto parte nella congiura Malet. Fattasi ora tarda, l'avvocatessa, che beveva forte come un'ostessa del lago Maggiore, alzò la mano più del consueto, eccitata da un eccellente chambertin vecchione, soprannominato il vino Napoleone, dall'uso che ei ne faceva di preferenza ne' suoi pasti campali. Il discorso naturalmente era la politica del giorno. Il conte, per le ragioni addotte, ne sopportava la chiacchiera intemperante, perchè tra tante cose nojose e strambe, ne raccoglieva qualcuna che faceva per lui.
      - Mi fa senso, ella venne a dire a un certo punto del suo articolo di fondo improvvisato, come il signor conte non abbia nessuna fiducia in un completo risorgimento della potenza napoleonica. Mi fa più senso ancora, come un uomo del suo talento possa mettere gli occhi addosso a quel gallo insuperbito di Beauharnais, nel caso che dovendo andar per aria il trono di Francia, debbano gl'Italiani pensare seriamente ai casi proprj, e piantare il regno d'Italia su delle fondamenta ben solide.
      Il conte non rispondeva quasi mai alle continue domande di madama Falchi, e la propria politica se la teneva per sè. Ma in quella sera non avendo saputo schermirsi abbastanza ogni qualvolta l'avvocatessa gli aveva colmato il bicchiere di vin Napoleone, fu espansivo e men chiuso del solito: però a quelle parole della Falchi, ridendo e celiando ed esprimendosi con modi affatto nuovi in lui:


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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