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      In quanto al vicerè, è facile imaginarsi come, con quella sua indole procace e sulfurea, rimanesse preso la prima volta che vide quella donna, e, misurato il terreno in lungo e in largo con sguardo rapidissimo, facesse mille disegni di vittoria, di conquiste e d'impero; perciò promosse il Baroggi da capo squadrone a colonnello; gli fece tenere la Corona ferrea che, per verità, avea meritata più volte, ma che allora come adesso e come sempre, quando si tratta di decorazione, se non c'è chi la cerchi e la voglia per forza, non cade mai spontaneamente dall'alto come l'acqua piovana. Ai bivacchi militari e alla tenda vicereale invitò sempre lui, perchè c'era lei. Venne però a sapere le storie di Roma e gli fu poi riferita quella di Dresda, la quale gli fece l'effetto come di chi ha comperato uno stupendo cavallo e poi sente che ha il mal del montone; ed accostatosi a lei e tenutole più d'un discorso e calato qui e là lo scandaglio, non tardò molto ad accorgersi di fenomeni insoliti; d'un clima straordinario; della presenza, insomma, del diamante che taglia, ma non si lascia tagliare.
      Nè il vicerè, in questa circostanza, si comportò come tutte le altre volte che gli era riuscita a male una conquista. Non si sentì offeso; non si allontanò dispettosamente dalla donna desiderata; non si vendicò gettando insidie ai parenti, ai fratelli, al marito, o col sospenderli da qualche impiego, o coll'impedire una promozione. Per la prima volta non fece nulla di tutto ciò, e stette contento a poter veder spesse volte quella donna eccezionale, a sentirla parlare, a vederla sorridere.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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