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      Gli occhi aveva vivissimi e viperini, e l'abitudine a volgerli obliqui, per quell'espressione indefinibile di astuzia maligna e sardonica che fu sempre il carattere dominante della sua bella faccia, erasi impadronita dei muscoli al punto, che quel modo di guardatura, in gioventł fuggitivo e a guizzi, in vecchiaja era divenuto costante.
      Il colore della sua pelle che, se il lettore se ne ricorda, si protrasse con molle freschezza quasi muliebre fino agli anni virili, aveva cessato di essere equabilmente diffuso su tutta la faccia, ma s'era invece come rappreso e ritirato agli zigomatici, con lievi screpolature salsedinose. Le guancie si erano emunte, mancato il sostegno di parecchi denti molari; a malgrado di ciņ, la bocca avea conservata qualcosa della prisca eleganza. I capelli avea bianchi come l'argento, ma lucidi come quello, ma ancor fitti e inanellati e cadenti in una ciocca tra le tempie, a lambire la divisione de' sopraccigli. Era insomma un bellissimo vecchio, com'era stato un bellissimo giovane; nč, in quanto alla foggia del vestire, s'era dimenticato dell'eleganza onde gli venne il soprannome. Portava una giubba color oliva a larghe falde, giusta le prescrizioni dell'antipenultimo figurino di Parigi; calzava stivali di sommacco con fiocco agli orli delle gambiere e increspature al collo del piede. Dai taschini gemelli de' calzoni uscivano, di sotto al panciotto di casimiro bianco, due catenelle con suggelli di corniola e d'ametista, ad indicare il costume non ancora cessato dei due orologi in vicendevole controlleria.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Parigi