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      Era ricchissimo, e di una ricchezza ereditata da un padre che, pur avendo usufruttata la pubblica fame, ebbe fama di uomo onesto, forse per l'effetto dei confronti. Ma siccome dev'essere vero che la farina del diavolo si converte in crusca, così tutta quella ricchezza fu da esso adoperata per la massima parte ad alimentare i magazzinieri delle indulgenze plenarie, ad ammorbare le pusille coscienze di pregiudizj e di bigottismo, a scapito della religione vera e del sincero progresso.
      E il conte Aquila continuava ad interrogarlo:
      - Sai tu almeno come si chiami questo prodigo sventato?...
      - Il nome non me lo ricordo. Ma non credo ne valga la pena.
      - E voi lo sapete? domandava poscia al Bruni.
      - Sto appunto tormentando la memoria per richiamarmelo, ma non mi riesce. So per altro che è un conte, e un conte che conta assai poco in quanto a ricchezza; per ciò non si sa bene a che tesoreria vada a prender il danaro che sparpaglia a piene mani.
      - Mi sembra, caro mio, continuava il conte Aquila rivolto all'altro conte, che questo signore, venuto or ora da Parigi, ne sappia più di te.
      - Può darsi anche questo; ma torno a ripetere che non vale la pena di far tante indagini sul conto suo. Gli ho parlato due o tre volte, ed è un uomo perfettamente nullo.
      Qui, un'onda di pubblico entrò nella sala, e scompaginò quei gruppi di persone che stavano intorno ai tavolieri.
      L'Aquila, il Bruni e gli altri si trovarono divisi dal futuro consigliere intimo, e lasciarono il Ridotto.
      Di lì a poco, il conte Ghislieri (che così chiamavasi quella civetta al paretajo):


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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