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      » - Così diceva quel giovine, non so se mercante o lavorante; ed ora domando a voi tutti se non parlava con fior di senno?
      - Molte volte ho pensato anch'io al general Pino, osservò il conte Aquila; ma senza giro di frasi, vi dichiaro schiettamente che io abborro il regno della sciabola. Quando un soldato si fa capo di uno Stato, tutti gli ordini della società vanno a fascio e la caserma diventa il Sancta sanctorum.
      «Del rimanente (continuò) qui non si tratta di andare a cercare dei re; si tratta di provvedere al modo di tener lontana l'Austria; e d'impedire che l'incapacissimo Beauharnais abbia ad acquistare un regno nel punto stesso che Napoleone perde un impero. Pino sia pure, chè lo merita, il generalissimo delle truppe italiane; ma lo Stato deve essere governato dalla toga e non dalla spada. Che se si volessero ancora dei re o, se anche non volendoli, ci fossero imposti dalle grandi potenze vittoriose e tutte monarchiche e tutte paurose d'altre forme di governo; v'è pure in Italia e a poche miglia da noi un re di antichissimo ceppo italiano, la storia della cui dinastia è una epopea continua di battaglie, di vittorie e di gloria. Ma questo, per ora, è un discorso immaturo. Ciò solo che dobbiam pensare a far oggi è di premunirci contro gli attentati dei servili, i quali rappresentando la nazione senza regolare mandato, potrebbero, data l'opportunità, mercanteggiarla a loro beneplacito e per loro uso e consumo. Ma per ciò fare, conviene appunto metterci in possesso di qualche forza, di una forza materiale, voglio dire, di una forza armata; questa noi l'abbiamo in una istituzione a cui oggi nessuno pensa, perché è considerata come uno spettacolo da parata e da teatro; ma che nelle mani di chi avesse la virtù di pensare, di calcolare e sopratutto di volere, potrebbe diventar poderosa e onnipotente da un momento all'altro.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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