Pagina (1246/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Voglio dire che ho una grande credenza nel destino. Però questo fatto del colonnello mi ha messo sottosopra. Si vede che il destino ha fatto di tutto per giovarmi, e tentò quella via appunto che a me pareva la sola efficace. Ma non c'è riuscito nemmeno lui. Bisogna dunque cambiar strada. Oggi mi dimetto dalla supplenza di capo battaglione, e rassegno anche il grado di capitano. O tutto o niente - già lo dissi. O aver la Civica in pugno, o uscir dalle sue file, perchè non voglio trovarmi obbligato all'altrui comando, nè essere impedito di tentare quel che ho in testa.
      E il conte fece infatti come disse. Prodotta una ragione plausibile, lasciò il grado di capitano, e si recò per alcuni dì in villa a meditare un nuovo piano di battaglia.
      Intanto i tristi giorni si venivano avvicinando. Si era già oltre la metà d'aprile; il conte Aquila fece venire a Milano a proprie spese alcuni uomini che vivevano di contrabbando, furiosi tutti contro il governo, e segnatamente contro il ministro Prina, perchè da qualche tempo faceva esercitare dalle guardie di finanza che stavano al confine svizzero una vigilanza così insistente e rigorosa, che a coloro non rimaneva più che consegnarsi o morir di fame. Il conte che, e per il fatto del colonnello Visconti e per altri ostacoli che non gli pareva di poter superare a seconda delle proprie vedute, s'era venuto attiepidendo, si sentì riardere d'ira e di vendetta a certe parole della Falchi che astutamente gli tornò a parlare dell'offesa fatta dal vicerè alla povera contessa di lui moglie.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Civica Aquila Milano Prina Visconti Falchi