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      I senatori tremavano; le parole di minaccia erano esplicite. Allora col conte Verri entrarono nella sala della seduta il capo-battaglione Ballabio, l'amico del conte Aquila, e il quale, come uomo di mite animo, tremava di dover essere complice di una strage; ed entrò con lui il capitano Bossi. Gridavano molti senatori: Che cosa infine si vuole da noi? Rispose il Bossi: Richiamate la deputazione. - Convocate i collegi.
      Il conte presidente Veneri non era della tempra del senatore Romano che percosse quel Gallo il quale aveva osato toccargli la barba; ned era disposto a morire con arte come un gladiatore. Tremava come una foglia, e si voleva salvare senz'arte e a qualunque costo. Alle parole del capitano scrisse dunque tosto, e senza nemmeno interpellare i colleghi: «Il Senato richiama la deputazione e riunisce i collegi» e consegnò il foglio al Bossi; e allorchè questi rientrò, dichiarando al presidente che il popolo voleva sciolta la seduta, il presidente, a cui tardava di respirare un po' d'aria aperta e sana, incontanente tornò a scrivere con una rapidità desiderabile in uno stenografo: «Il Senato richiama la deputazione, riunisce i collegi elettorali e scioglie la seduta.» Di questo decreto trenta copie furono fatte in sull'istante dai segretarj e distribuite al popolo.
      I senatori allora usciron tutti queti queti per una porta segreta. Il Verri prese con sè tre o quattro dei più odiati, e per conseguenza dei più tremanti; li raccolse nel proprio carrozzone, e come il Ferrer di Manzoni aveva fatto col povero vicario di provvisione, raccomandò loro di rannicchiarvisi in fondo in fondo, mentre egli, affacciandosi alternativamente ai due sportelli, avrebbe tentato di stornare la vista del pubblico.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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