Pagina (1263/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Quando il popolo invase la casa del Prina, si credeva generalmente che il ministro non fosse in Milano; tanto è vero che in sul primo, senza più darsi pensiero del ministro, tutti quelli che erano entrati si diedero tosto ad abbattere usci ed antiporti, a fracassar vetriere, a gettar nel cortile e nella via tutte quelle suppellettili che non eran portabili a mano, a depredare e ad appropriarsi le più preziose. Quei manuali poi, muratori o fabbri che fossero, capitanati dal Granzini e da quel vecchio vituperoso che si chiamava Fontana, e da un figlio di costui feroce come il padre e notissimo a Milano per la sua vita di prepotenze e di misfatti, salendo sul terrazzo della casa costrutto a giardino pensile e tutto all'intorno circondato da grandi vasi d'agrumi, si diedero tosto a lavorare per demolire, precisamente come se fosse loro stato ordinato da qualche autorità di atterrare quel palazzo per lasciar sgombra un'area. Cominciarono dal levare l'inferriata che circondava il fastigio, dallo smuoverne le pietre che servivano di tetto e di pavimento, dallo scoprirne e denudarne la travatura. Compiuta quest'opera con rapidità non credibile, discesero agli altri piani a levar tutte le inferriate delle scale, delle ringhiere, dei poggiuoli. In questo frattempo il general Pino, chiamato dalla gravità enorme del fatto, pedestre era accorso colà ed era entrato in palazzo. Egli sapeva che il Prina era a Milano, credeva inoltre che fosse in casa, onde s'affrettò per salvarlo; ma dopo aver sfidato tutto l'urto spaventoso della folla, dalla quale, per quanto ei fosse carissimo ai Milanesi, ebbe pure qualche insulto, partì per avere sentito che il Prina era altrove.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Prina Milano Granzini Fontana Milano Pino Prina Milano Milanesi Prina