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      - e fu una voce sonora, piena, autorevole; tutti si fermarono infatti. Esso guardava il Baroggi, e il Baroggi lui.
      - Ma come sei qui tu fra costoro?
      - Diavolo, non è permesso fare una serenata, tanto per goder le stelle e provar l'istrumento? Ma costoro poi, che cosa hanno fatto a te?
      - Nulla m'han fatto; non li conosco nemmeno - se ne togli qui il tenore della Bianca e Faliero che canta bene e bastona meglio.
      - Dunque?
      - Dunque si era là all'osteria del Galletto fuori di porta Vercellina, annojati tutti maledettamente, perchè son già tre giorni che non s'è rotta nemmeno una testa... e ve ne sono centotrentamila in Milano. Io dico: che cosa si fa stanotte? È una vergogna per la compagnia... guai s'ella va perdendo del suo credito. Allora questo signore, che è il conte Alberico B... ed è il nostro decano, perchè ha trentasett'anni compiuti... ci sarebbe una serenata da mandar all'aria, - ci dice - una serenata sulla piazzetta di San Pietro e Lino. Bastò la proposta. Non si stette nemmeno un minuto a far consulta; e via tutti, senza nemmen pagare l'oste... La cosa è semplicissima, e non ho ad aggiunger altro.
      Dette queste parole all'amico Baroggi, del quale teneva stretta una mano nella propria, colui si rivolse alle due schiere nemiche che avevano abbassate le armi, come quando sui campi trojani Ettore o Ajace davan segno alle falangi di sospendere la pugna:
      - Tutto quello che fu detto e fatto, soggiunse poi, sia per non fatto e non detto. Questo è un mio caro amico, e costoro si sono difesi in modo che hanno diritto a tutta la nostra stima e considerazione.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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