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      - Oh bella davvero... (disse Giunio ridendo), ed io non so trovar le parole per ringraziarti come meriti. Sa ella, signor Giocondo, in che modo ci siamo incontrati stanotte? Non lo indovinerebbe in cento anni. Intanto che io suonavo le variazioni del professor Majno su un tema di Garcia, costui, in compagnia di altri dieci o dodici ammiratori, mi attestò il suo entusiasmo a colpi di bastone.
      - Ma tu non sei ragionevole, il mio caro Giunio. Dal momento che uno appartiene ad una corporazione, bisogna bene che ne adempia le leggi. Questa notte toccò a te e a' tuoi amici. Un'altra notte potrebbe toccare allo stesso signor Giocondo, se non si facesse conoscere in tempo. La Compagnia della Teppa bastona tutti quanti, e non ha nessun obbligo di assumere informazioni preventive.
      - Ah, siete anche voi uno della compagnia? domandò il Bruni.
      - Diavolo!
      - Me ne congratulo tanto; è però una gran vergogna per la città di Milano..., e mi fa meraviglia come l'autorità e la polizia non ci provvedano. Ma, in conclusione, a che oggetto questa compagnia s'è instituita, e in che modo va ingrossando tutti i giorni?
      - La cosa è semplicissima. Domeneddio, pentito d'aver creato gli uomini, mandò il diluvio per sterminarli tutti, senza aver riguardo ai tanti innocenti che, senza dubbio, ci saranno stati anche allora; perchè la cura doveva essere perentoria, radicale, assoluta, inesorabile. Se il Padre Eterno avesse dovuto istituire prima delle commissioni di scelta, sarebbe stato fresco lui più che le vittime del diluvio.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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