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      Sono sei anni che l'ho con me, ed è dal giorno precisamente in cui esso morì. Appena l'ebbi letta, il mio primo pensiero fu di volar subito a Milano per consegnarla a' tuoi parenti; ma mi trattenni. Dopo sorvennero gli intrighi dell'eredità; e la storia d'una famiglia e d'una ragazza che pretendeva avere dei diritti al pari di me: poi la vendita ch'io feci dei possedimenti che mio padre aveva sul Modenese, perchè non volevo in nessun modo aver a che fare con quel duca infame che fa da despota, da papa e da boja; poi vennero i miei viaggi... e sapete perchè ho viaggiato per tanto tempo? per togliermi appunto alla tentazione di cavar fuori questa carta e farla di pubblica ragione...
      - Ma e che diavolo c'è in quella carta?
      - La tua fortuna e il mio disonore.
      Il Bruni si alzò aspettando e indovinando. Il giovane Giunio, per un movimento naturale, stese la mano su quella carta, ma la ritrasse subito, quasi vergognandosi di un tale atto.
      - Molte volte io fui per abbruciarla, continuò il Suardi; e se non ti avessi conosciuto davvicino... se non mi facesse dispetto quel marchesone, gesuita, ipocrita, scellerato, che fu tra quei ch'hanno ajutato i Tedeschi a tornar qui, e il cui avo fu la rovina della tua casa, e il disonore della tua bisava, e la cagione per cui mio padre fu messo alla tortura, certo che l'avrei abbruciata. Ora leggete. Sono tre facciate, scritte tutte di proprio pugno da mio padre... e qui c'è la sua firma...
      Giunio prese la carta, e la lesse con attenzione, con affanno e con impazienza.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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