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      Tuttavia, se non ebbe questo pensiero in prevenzione, sentì però un astio furioso per quello che era un giovinastro, secondo le informazioni del maldicente Alberico; che era sorto dal più corrotto fango, ma che era milionario al par di lui; milionario e prepotente, e che veniva d'improvviso a turbare i nobili ozj del suo fastoso e rispettato ritiro.
     
     
      VI
     
      Il marchese, entrando, percorse con una rapida occhiata riassuntiva tutta la persona del Suardi dalla testa ai piedi.
      Il giovane Suardi, ad un aspetto bellissimo, univa una eleganza naturalmente signorile, accresciuta dal suo vestito all'ultima foggia. Portava un abito di panno turchino con bottoni di metallo dorati; un panciotto di velluto verde a stelline d'oro; pantaloni di casimiro color persico. Il cappello che teneva fra le mani era di felpa plumée. Era questo un distintivo di tutti gli addetti della Compagnia della Teppa. La differenza dei loro cappelli non consisteva che nella preziosità della stoffa, la quale dipendeva dalla varia facoltà di ciascuno; ma di qualunque colore fosse la felpa, il pelo ne doveva esser lungo e sollevato e scomposto. Secondo alcuni etimologisti, è anzi da questa usanza che derivò l'appellativo alla compagnia; i quali etimologisti stanno contro ad una schiera più numerosa, la quale pretende che un tale appellativo sia invece derivato dai verdi prati di piazza Castello, situati presso i palazzi Dal Verme e Litta, dove i socj avevano cominciato a tenere le loro adunanze.
      Quando il marchese entrò, il Suardi stava in piedi.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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