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      L'uno salutò l'altro con modo assai contegnoso; era evidente come adempissero alla prammatica del più vetusto galateo, ma nel tempo stesso come la loro espansione cordiale fosse molto simile a quella di due duellanti che si salutano prima di uccidersi. Il marchese però non disse nemmen di sedersi al Suardi, dopo di avergli domandato in che cosa poteva servirlo.
      - Il discorso che ho da fare, illustrissimo signor marchese, rispose il Suardi con ostentata gravità, dev'esser lungo, perchè la materia è intralciata e seria; però, se mi permette, mi metto a sedere.
      Il marchese non disse parola, non fece nemmeno alcun cenno; lasciò fare, ma rimase in piedi.
      - Ella mi ha chiesto in che cosa può servirmi? continuava il Suardi. La ringrazio della domanda, ma le dirò che ho dei motivi di credere d'essere invece venuto io stesso a fare un buon servizio al signor marchese. Vostra signoria sa chi sono. Sa inoltre, lo credo almeno, di chi sono figlio. Mio padre poi è conosciuto dalla illustrissima casa F... da più di novant'anni... è una bella tirata! È dunque per questa vecchia conoscenza ch'io son qui; per dei rapporti intimi, troppo intimi, e così non fossero mai esistiti, passati tra mio padre e il nonno di vostra signoria illustrissima.
      - Io non so nulla e non capisco nulla, rispose il marchese appoggiandosi ad una poltrona, senza però sedersi.
      - Eppure, ella dovrebbe saper tutto e capir tutto... Io non era nato quando vostra signoria avrà sentito a parlare di cose ch'io venni a conoscere tanti e tanti anni dopo.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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