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      Ma ora è tempo che anch'essa compaja in iscena, col privilegio quasi sempre accordato dai drammaturghi convenzionali al protagonista, di lasciarsi vedere, cioè, dopo che tutti gli altri personaggi hanno fatta la loro comparsa, e piuttosto al second'atto che al primo, per dar tempo al pubblico di condensare la propria impazienza.
      Nella via dei Mercanti d'oro, in una di quelle case dove il portinajo è impossibile; case vecchie, sudice e fetenti; piene zeppe d'inquilini da sembrare alveari, la notte del 10 luglio dell'anno 1803, Caterina Frigerio, ricamatrice in oro, moglie di Giacomo Gentili, impiegato d'ordine presso il tribunale civile di Milano, diede in luce una bambina. Una certa Stefania Corali, cantante in quiescenza, e che alloggiava i virtuosi e le virtuose di terzo ordine che venivano a cantare nei teatri di Milano, fu la matrina che la tenne a battesimo. Il battezzatore della neonata, già lo sappiamo, fu monsignor Opizzoni parroco della metropolitana, notissimo fin d'allora per la sua vita rigorosamente ascetica e per l'instancabile zelo adoperato nella cura delle anime. Monsignore volle egli stesso battezzar la fanciulla, per una predilezione speciale in cui aveva i conjugi Gentili; due ottimi cristiani, di costumi irreprensibili e di esemplare pietà. Essi si confessavano e si comunicavano una volta al mese; piuttosto che mangiare una fetta di salame in venerdì o in sabato, si sarebbero messi in nota per la palma del martirio; astinenza che praticavano rigorosamente tutte le vigilie dei santi di gran riguardo, nelle quattro tempora, tutta la quaresima, tutto il mese di Maria, ecc.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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