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      Paventava dunque l'ingegno e non amava la bellezza. Delle arti poi, fra tutte, detestava la musica, quella che usciva dalla sfera del canto fermo e del Pange lingua. E, più della musica da camera, abborriva la teatrale, tanto che, per questo lato, aveva fieramente in sulle corna l'Italia stata inventrice di quel mostro infame del melodramma.
      Con questi precedenti il lettore può immaginarsi con che cipiglio monsignore si trattenne stupefatto sulla soglia della casa dei conjugi Gentili, quando sentì la loro figliuola cantare quell'aria fatta celebre dalla Gafforini
     
      Chi vuol la bella Rosa
      L'ortolanella è qua.
     
      Aria che più volte la fanciulletta aveva sentito a cantare da un mezzo-soprano in casa Corali, e che, inconscia e innocentissima, ma solo eccitata dall'istinto prepotente per l'arte, ripeteva a perfezione con un certo garbo pieno di smanceria onde risultava lo stile di quell'aria proterva. Cogli occhi aperti, come chi è colpito da una scena d'orrore, esso lasciò che la tenera cantatrice terminasse l'aria fino all'ultima sua cadenza per vedere fino a che punto il diavolo l'aveva assassinata; poi irruppe nella casa, con voce asprissima intimò alla fanciulla di tacere e di non cantare mai più quell'aria; il suo rabbuffo fu così violento, che la ragazza si mise a piangere, e tanto più ch'ella aveva una terribile soggezione di monsignore, il quale da qualche tempo non aveva più avuto nè un sorriso nè una parola dolce per lei, per la ragione che non gli piaceva niente affatto quel suo modo di volgere gli occhi pieno di grazia e di mollezza affettuosa.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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