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      XII
     
      Quando al conte B...i morì la prima moglie, si disse da taluno che quella morte immatura era stata la conseguenza degli assidui patimenti onde il marito l'aveva torturata. Questa diceria però era corsa vagamente pel mondo; chi lo conosceva intimamente, non si rifiutava a prestar fede a quanto si andava buccinando; quelli che lo conoscevano superficialmente, e che al teatro, al caffè, nelle liete brigate lo trovavano uomo compagnevole e festoso, credettero e non credettero; nessuno però diede a quella voce l'importanza che meritava. Nessuno sapeva immaginarsi in che modo l'avesse potuta torturare al punto da farla morire. Agli egoisti gaudenti del bel mondo non pareva vero che si potesse uccidere una donna senza pistola, senza coltello, senza corda, senza veleno... La novella sposa pensò anch'essa come costoro, e piena di fiducia entrò nella casa maritale. Per qualche tempo le cose camminaron bene; anzi trionfalmente, al segno che essa ebbe a dire che tutti gli uomini possono essere e buoni e cattivi, e che dipende dalle donne il farli piegare piuttosto in un verso che nell'altro.
      Ma i gaudj non si protrassero nemmeno un anno. La nuova donna aveva cessato di piacere al conte; però dalle gentilezze ei passò tosto alle persecuzioni. Queste persecuzioni non erano gravi; anzi eran minute; ma quotidiane, assidue, incessanti, e non lasciavan tempo al fiato di rifarsi nel polmone. L'indiano si difende e si salva dal leone e dalla tigre, ma cade affranto se nugoli di vespe lo assalgono e gli avventano senza tregua il loro pungiglione.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507