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      Era una pecora codarda ed importuna, che ad ogni costo voleva introdursi tra le gambe dei cavalli generosi.
      Quando quelli di cui si vantava amico, lo respingevano con qualche sgarbo; quando non trovava il modo di ficcarsi dov'egli voleva, allora i malumori e le procelle e le tempeste casalinghe ricominciavano.
      Nel 1817 ci fu altro cambiamento di scena. Esso venne ad incapricciarsi bestialmente di una giovine cortigiana di meravigliosa bellezza, venuta allora a tender le sue reti ai paperi milanesi della classe nobile e ricca. Al solito, quel capriccio fu una mania e un furore. Mantenne lei, il padre, la madre, le sorelle di lei; le apprestò carrozze, cavalli, palco in teatro, villa sul lago di Como. Ma in breve venne a mancare il denaro per la moglie e per le figlie; ma i servi non eran pagati puntualmente; ma il fieno fatto passar nelle stalle della cortigiana, venne meno al servizio della casa. E qui i lamenti della moglie e le querele dei parenti di lei; e i furori di lui e minacce ogni sorta, e più che minacce, perchè una notte misurò sulla testa della disgraziata moglie un colpo colle molle del caminetto, intanto che vi stava attizzando il fuoco.
      Questo fatto, saputo dai parenti di lei, li determinò a procedere per una divisione legale di mensa e di letto. La petizione fu presentata ai tribunali. Chiamato a dar conto di sè, esso calunniò la moglie con oscenissime invenzioni; ma non operò che a danno proprio, perchè i giudici indignati sentenziarono per la divisione legale, per la pensione alla moglie, per l'interdizione di lui.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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