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      E la belva affamata, divenuta transitoriamente mansueta nell'aspettazione del pruriginoso cibo adocchiato e presentito, si recò una mattina dal suo nobile cugino marchese F..., amministratore della di lui sostanza e di quella delle sue figlie, per pregarlo di anticipargli un centinajo di mila lire per le spese degli sponsali. Ma il marchese, contro ogni sua aspettazione e con sua dolorosa sorpresa:
      - Io non ti anticipo nulla, disse. - Ho altro per la testa in questi dì.
      - Ma, e che è avvenuto?
      - È avvenuto che non ho danari da dare altrui: segnatamente quando si tratta di soddisfar capricci, e probabilmente di far nascere dei disordini.
      - Disordini?
      - Peggio che disordini, perchè una bellissima ragazza di diciott'anni, vagheggiata e desiderata dalla più avvenente gioventù di Milano, e che si adatta a congiungersi con un tuo pari, è una tale anomalia da non potersi comprendere. Io ti ho raccomandato a monsignore, perchè credevo che quel sant'uomo, liberando me dal fastidio di fare il sensale di matrimonj, avrebbe detto tutto ai parenti della fanciulla; non omettendo di far loro presente che a soli trentasei anni ti son già morte due mogli, giovanissime l'una e l'altra.
      - Ma che discorsi son questi, caro marchese? Ma quando uno sposa una donna, ha forse l'obbligo di garantirle la vita?
      - Non so nulla. Ma io non darei mai mia figlia ad un uomo ancor giovine, che si è già trangugiato due mogli come due uova fresche. Ma queste sono parole; il fatto è che i danari non te li do.
      Questo repentino cangiamento nell'umore del marchese F..., che in quella mattina si mostrò col conte Alberico bisbetico fino alla provocazione e all'ingiuria, e che il conte Alberico sopportò per quella viltà che lo faceva tacer sempre innanzi a quelli che potevano più di lui e non dipendevano da lui, era stato provocato da un incidente tutt'altro che atteso dal marchese, il quale si trovò risospinto nel mare pericoloso del tribunale, e si vide di nuovo nel pericolo di perdere quei tanto contestati milioni della lite centenaria, per una lettera che il notajo Agudio da una sua campagna presso Varese, dove era gravissimamente ammalato, aveva scritto al Direttore di polizia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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