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      Il marchese nell'ozio fastoso della sua ricchezza non contrastata, nella compiacenza beata d'essere un gran facoltoso rispettato e temuto, soleva assecondar volontieri chi gli si raccomandava, e non si lasciava troppo pregare nel far piaceri a parenti ed amici, e perciò aveva trovato giustissimo che suo cugino si preparasse ad assassinare un'altra moglie. Ma l'inatteso pericolo sorgiunto gli rovesciò l'animo, lo fece diventare bisbetico e intrattabile. Parendogli che tutti fossero in miglior condizione di lui, sentì il morso della più dispettosa invidia pur contro quel vile briccone di Alberico che, senza cure di nessun genere, pensava a soddisfare a nuovi capricci. Non sperar nulla però, o lettore di buon cuore; bensì preparati a fatti strani.
     
     
      XVII
     
      Una quarantina d'anni sono, il corso festivo del popolo milanese, disertato dall'antica via Marina, e poscia dai giardini e dal bastione di porta Orientale, erasi ridotto a porta Romana. Pare che questa deviazione, che infranse per cinque o sei anni la secolare consuetudine, sia stata occasionata da un tale, che, avendo viaggiato in Russia, introdusse nell'osteria del Monte Tabor, posta ai fianchi della porta Romana, il divertimento della slitta. Costui, traendo profitto degli accidenti di giacitura di quella parte di bastione che si venne col tempo addossando ed innalzando sulle vetuste mura di Milano, vi praticò una discesa precipitosa di centocinquanta passi, pavimentata in legno liscio con solchi paralleli, in cui scorrevano delle ruotelle in ferro portanti una seggiola per una persona, od anche per due, quando l'una avesse caro di sedere in grembo all'altra.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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