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      Dotato di uno spirito d'osservazione acuto e penetrante, un'occhiata dal capo al piè bastava sovente a rilevargli un uomo; da ciò una straordinaria facilità, che potea parer precipitazione, a portar giudizio degli altri; da ciò altrettanta facilità a sentire propensione o avversione per quelli che avvicinava; propensione che si cangiava tosto nella più calda amicizia; avversione che lo portava spesso a non dissimulare le più violenti antipatie. Nei lunghi e frequenti viaggi in compagnia del padre e della madre, aveva acquistata esperienza di mondo oltre il diritto dell'età sua. Datosi agli studj con intensità quasi febbrile, ne' due anni che dimorò a Parigi (chè era nell'indole sua il portar tutto all'eccesso nel tempo che applicava la mente e il cuore a qualche cosa), s'era così arricchito di cognizioni, che in una compagnia di letterati e di dotti potea giocar buonamente la sua partita con chicchessia.
      La tempra però del suo ingegno e del suo sentimento lo inclinava più al culto dell'arte che a quello della scienza. La sua era anima di poeta, e idolatrava il grato della beltà spettacolo, e credeva che i prodotti dell'arte consolassero l'umanità più direttamente e più istantaneamente che quelli della scienza. Nella sua mente aveva spinto fino alle più esagerate conseguenze quel detto di Foscolo «che le discipline più utili ai mortali son quelle che diradano gli affanni e le noje della vita.» La sua eccitabilità stessa, che lo rendeva sensibilissimo ai patimenti altrui, e per conseguenza manteneva lui medesimo quasi sempre in uno stato di dolore morale, lo aveva confermato sempre più in quell'opinione.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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