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      Tanto però bastò perchè il Bichinkommer facesse assegnamento su di loro. Egli sapeva come nel fatto dell'eredità contestata, l'avvocato Falchi, sebbene patrocinatore del Baroggi, aveva avuto mano nel far scomparire dall'archivio del dottor Macchi, passato in proprietà del notajo Agudio, i documenti che potevano risolvere definitivamente la questione. Sapeva come l'avvocatessa fosse a parte d'ogni segreto del marito. Aveva dunque, per l'amore che portava alla casa Baroggi e per l'avversione profonda che nutriva naturalmente contro i birbanti fortunati, pensato più volte alla possibilità di fare una sorpresa a colei, di averla tra le mani, di costringerla, col timore, a confessare e a rivelare quello che in nessun altro modo legale s'era potuto verificare.
      E prima di ciò, per preparar meglio la strada, aveva messo gli occhi sul medesimo notajo Agudio. Essendo riuscito a poter vedere e tener presso di sè due o tre lettere che quel notajo, per gli elementi preliminari di un rogito di compra e vendita, aveva scritto al fittabile signor Mario Bosio, suo grande amico; con quell'attitudine straordinaria che aveva ad imitare tutti i caratteri calligrafici, come il lettore ben sa, studiò attentamente anche la scrittura e la firma del dottor Agudio; scrisse quelle due lettere, di cui più volte abbiamo parlato, una diretta al direttore di polizia Gehausen, l'altra al presidente del tribunale. Però, se il lettore avesse potuto credere che quelle fossero di mano dello stesso Agudio, ora può accorgersi d'essersi ingannato a partito.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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