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      - Quantunque non abbia il bene di conoscervi, disse egli alla Falchi, nč voi sappiate ch'io mi sia, ho caro siate venuta a trovarmi. Qui avrete buonissima compagnia d'uomini e donne; donne degne di voi, uomini superiori ai vostri desiderj, sebbene forse contrarj ad ogni vostra aspettazione. Non parlo di quelli che vedete qui, noi siamo uomini volgari.
      La Falchi, benchč fosse compresa di sgomento, fissņ in volto l'interlocutore con una cert'aria di sussiego.
      - Voi dite di non conoscermi, disse poi, ed io pure non vi conosco. Abbiate dunque la bontą di dirmi per qual ragione adesso io mi trovo in questa casa, che, a quanto mi sembra, č casa vostra.
      - Parlate voi, signor Giosuč, disse il barone al Bernacchi.
      - Mi riconoscete voi? chiese allora il vetturale alla Falchi.
      - Sģ, ella rispose.
      - Per colpa di chi un certo tale ha dovuto passare due anni nel manicomio della Senavra?
      - La colpa dovrebbe essere di quel tale, se i pazzi fossero colpevoli.
      - Se dunque i pazzi non sono colpevoli, la colpa sarą di chi con arti diaboliche incaricņ un pazzo di ferire un uomo. Signori, ecco la strega infame che spinse un giovane onesto a vibrare il colpo dell'assassino. Il resto lo sapete.
      - Avete dunque capito, o signora, esclamņ il barone; siete qui per essere giudicata e condannata.
      - Mi riconoscete voi, signora? le chiese allora ad alta voce il capo mastro Granzini.
      - Sģ, vi riconosco.
      - Ebbene?
      - Non so che vi vogliate dire.
      - A poca distanza di qui c'č il cimitero della Mojascia. Fra i mille cadaveri che giaciono colą, non ve n'č uno che vi tolga il sonno la notte, e vi assedii con paure e con rimorsi?


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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