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      - Ora sai tu, caro Suardi, perchè ho dovuto venire a Parigi? Perchè dalle lettere di risposta di questo originale di Giunio io non poteva raccogliere nessun costrutto. Mi trovavo d'aver fatto un miracolo, e costui quasi lo rifiutava. Però appena giunsi a Parigi, lo costrinsi a farmi la sua buona procura, e così sarà ricco a suo dispetto; non è vero, il mio caro originale?
      - Se tu ti trovassi continuamente, al pari di me, disse il Baroggi, sotto l'incubo di un affanno al quale non c'è rimedio, non diresti così, caro avvocato.
      - Ma, in conclusione, domandò l'avvocato, che diamine t'è mai capitato che l'animo tuo, ad eccezione di alcuni istanti di giocondità, che dirò artificiale e meglio ancora morbosa, è avvolto in una perpetua tetraggine? Negli otto giorni che son teco, non mi è riuscito di cavarti una parola. Parla dunque una volta. Io ho l'abitudine di vedere e giudicar le cose non colla stregua volgare del mondo incarognito ne' pregiudizj, ma coi criterj del buon diavolo che è filosofo e nel tempo stesso ha viscere. Parla.
      - Dunque vi dirò tutto, i miei cari amici, ma se ne avrete tedio, non incolpate me.
      - Sta pur tranquillo su ciò. Noi non desideriamo che di poterti giovare in misura del poter nostro.
     
     
      VI
     
      - E allora ascoltate: Io vivo come un uomo che, per necessità di circostanze, deve attendere di essere percosso da un dì all'altro da una sventura suprema e irreparabile; da una di quelle sventure che fanno incanutire in ventiquattr'ore. La mia vita è attaccata alla vita ognora in pericolo di una donna bella e leggiadra fin dove può immaginarsi; virtuosa sino ad essere in assidua violenza tra le aspirazioni più legittime del cuore e le leggi crudeli di un dovere arbitrario; infelice in tutta quell'intensità ed estensione che può derivare dalla più sensitiva indole propria e dalla più spietata persecuzione altrui.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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