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      Chiusi dentro di me tutto il mio tormento, e mi affrettai per le poste, onde parteciparlo a colei che, sentendo per me la santità dell'amicizia, sola mi poteva consolare. Quell'angelo di donna mi confortò, e mi disse ch'ella non mi avrebbe di certo trattato così; e me lo disse in modo da farmi comprendere ciò che mai non avrei sospettato. Ti ripeto che io non sapeva credere che quella donna potesse degnarsi di amar me.
      «La cosa si rinfuocò sempre più, sebbene ella non esprimesse chiaramente, nè io parlassi. Passò qualche anno. Io frequentava la casa. Il conte perdurava nelle sue assidue vessazioni, ed io gli venni in odio, non per altro motivo che perchè vedeva in me un naturale protettore di sua moglie; chè di me e di lei non poteva, per altre ragioni, lamentarsi in nessun modo. Un dì si venne a un sì fiero alterco, che non mi fu più permesso di vegliar da vicino quella cara ed infelicissima donna. Il conte abbandonò Firenze, licenziò tutti i servi; seppi dappoi da un amico che egli pretese che ella viaggiasse affatto sola con lui a Parigi, per fermar in questa città la loro dimora. Ed ecco perchè son qui. Ed ora voglio tu mi dia il tuo parere in una grave questione, tu che sei fortissimo in giurisprudenza.»
     
     
      VII
     
      «Il pensare continuamente, proseguiva il Baroggi, alla condizione orrenda di quella infelicissima donna, mi popolò la mente di tante idee, per le quali io mi attenderei di scrivere un libro così logico, così facondo, così rovente d'ira generosa e tenero di pietà, da costringere tutti quanti a riconoscere la necessità del divorzio.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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