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      Il conte non fu più sopportabile; la contessa in quella casa fatale si trovò condannata ad una specie di quaresima di Galeazzo applicata all'ordine delle pene morali. Ciò che il conte ebbe detto per uno scherzo atroce allorchè domandò alla contessa s'ell'erasi forse recata a far visita al principe Demidoff, lo replicò sempre e con tutta l'apparenza di parlar sul serio in tutti i momenti delle sue furiose escandescenze. Gridava come un ossesso, e in modo da farsi udire da quanti abitavano nella sua medesima casa, e adoperando l'idioma francese, nell'intento di passar egli per vittima e di render la contessa dispregevole ed obbrobriosa in faccia agli altri.
      Ella raccontò tutto al Baroggi, il quale rimase costernato e incertissimo su quel che dovesse consigliarle; tuttavia continuò ad esortarla perchè si determinasse all'unico partito utile e si staccasse dal marito carnefice. Ma ella non ebbe mai il coraggio, e sotto al lavoro assiduo di quell'orribile contrasto, il suo fisico, sempre sofferente e sempre più indebolito, non resse. Non potè più uscire di casa; il malore aveva ripresa la sua invasione devastatrice, ed ella non si alzò più dal letto.
      Il dottor Broussais, chiamati a consulta anche i suoi più riputati colleghi, non omise studio di sorta per vedere di salvare quella povera e preziosa esistenza.
      E noi possiamo immaginarci come il Baroggi disperatamente traesse la vita in que' lunghi giorni, senza poter veder mai la contessa; e col solo malinconico conforto delle quotidiane informazioni del dottore, il quale, mentre desiderava sostenere le di lui speranze, non voleva nel tempo stesso far sì che, colpito, non preparato, da una estrema sventura, dovesse poi rimaner vittima di un'angoscia insopportabile.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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