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      Perciò ricevetti la cosa con molta più indifferenza che mio zio non si sarebbe aspettato, e risposi asciutto asciutto, che ero pronto a fare la volontà di mio padre. Ora nulla di tutto questo sarebbe accaduto, se quel vedovo del nostro vicinato non si fosse messo in testa di riprender moglie.
      I preparativi del viaggio non richiesero molto tempo e molta faccenda. Tutto il mio corredo consisteva in una mezza dozzina di camicie, altrettante paia di calze, un paio di calzoni ricavati da una vecchia zimarra dello zio, e tutto il rimanente l'avevo indosso. Fu dunque fatto presto presto il fardello, che potevo facilmente portare sotto il braccio, e la partenza fu fissata tra due giorni, un martedì, alle sette della mattina.
      Lo zio mi raccomandò ad un suo amico, un signore che andava a Genova per affari e che promise d'aver cura di me. La mattina della partenza il vecchio canonico mi pose in mano uno scudo, con ordine rigoroso di non spenderlo; mi regalò un vasetto di ulive indolcite per mangiarle col pane, mi dette la sua benedizione, e partii.
      Il moto della vettura, che andava molto lenta e a scosse, ed al quale non ero avvezzo, sulle prime mi divertiva assai, ma ben presto mi scombussolò tutto. Quel tal signore a cui ero stato raccomandato, ogni tanto mi domandava se mi sentivo male; ed io, non so perché, gli rispondevo sempre di no: ma fatto sta che mi sentivo molto male e a tal punto che le conseguenze non si fecero aspettare: delle quali fu vittima l'amico che mi stava in faccia.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Genova