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      Le straordinarie ed eventuali erano tante, quanti gli oggetti che per avventura potessero destare l'insaziabile cupidigia di Anastasio.
      Se, per esempio, qualcuno di noi aveva un libro, un temperino, una palla, un gioco di domino o delle palline, che ferissero la fantasia del despota, riceveva prima un avviso che un tal dono sarebbe riuscito accetto; e se il proprietario non lo dava subito, il cassetto del suo tavolino era rotto e l'oggetto desiderato spariva.
      Ho già detto che la opposizione veniva rappresentata, nella nostra piccola società, da me e da un caro amico mio di nome Alfredo.
      È tempo che il lettore faccia una più stretta conoscenza dei due personaggi che hanno una parte così rilevante in questo racconto.
      A tredici anni ero assai più serio e pensieroso che non sogliono essere i ragazzi in generale. Questa disposizione d'animo, poco naturale in così piccola età, era l'effetto di una sensibilità eccessiva ed un po' morbosa, per la quale presto conobbi che cosa fosse il dolore. Un nonnulla mi turbava profondamente; una mancanza di scuola, una parola severa del maestro, una questione con un compagno, bastavano a farmi dare in uno scoppio di pianto, a produrmi una violenta palpitazione, di cuore, a togliermi il sonno e l'appetito. La conoscenza di questa sensibilità morbosa mi rendeva pacifico, piuttosto indolente e sollecito a fuggire lo strepito e il chiasso e ad amare la quiete sopra ogni altra cosa.
      Per questo amore, adunque, della quiete, tanto a me cara, mi sforzavo di contenere l'impeto dell'ira che mi invadeva dinanzi alle ingiustizie e crudeltà di cui spesso ero testimone.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Anastasio Alfredo