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      E i superiori del collegio, superbi di tale alunno che faceva onore all'istituto, mi trattavano con riguardi che usavano a pochi.
      Oltre a ciò, l'assistenza, che prontamente e di buon cuore prestavo a' miei condiscepoli nelle difficoltà dei lavori di scuola, mi aveva reso molto popolare. Era un continuo: "Lorenzo, correggi qui"; "Lorenzo, dà un'occhiata qua, via, da buon figliuolo". E così prestandomi di tutto cuore, non solo risparmiavo ad essi rimproveri e punizioni, ma spesso facevo guadagnar loro elogi e ricompense. Tutto ciò considerato, non sembrerà, spero, presuntuoso se io affermo che contavo sulla virtù del mio esempio e sull'autorità del mio nome.
      Alfredo era, naturalmente, il depositario dei miei progetti, o meglio l'appassionato ammiratore degli arditi piani suggeriti dal mio genio. Già nel suo entusiasmo mi chiamava Salvator patriæ. A lui diedi il geloso incarico di tentare l'animo di due o tre fra i nostri compagni, ch'io credevo degni di questa prova. Ma Alfredo tornò molto sfiduciato, poiché le sue aperture erano state accolte con molta freddezza e quasi direi con disprezzo.
      Non importa - diss'io - faremo senza quei poltroni. Un po' di pazienza, Alfredo; e non temere, che saprò trovare la strada
      . Quale però sarebbe stata questa strada, neppur io, a dir vero, lo sapevo. Ma ero fermamente risoluto d'afferrare la prima occasione che mi fosse capitata per attaccarmi con Anastasio o col principe, per romperla apertamente con essi e mettermi a capo dell'opposizione. Se il mio esempio, pensavo tra me, non muove alcuno a seguirmi, essi dormono davvero il sonno della morte, da cui nessuna tromba riuscirebbe a svegliarli.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Salvator Alfredo Alfredo Anastasio