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      Impallidii: il principe, trionfante, postosi il pollice della destra sotto il mento ed agitando le altre quattro dita, camminava indietro con la faccia rivolta verso di me. Siccome questo gesto è più o meno comune in tutti i paesi, così non voglio diminuirne la forza spiegandone il significato. Quanto a me gli tenni dietro, declinando con quanta voce avevo in gola il sostantivo rosa rosae, il più grande insulto che si potesse fare a uno scolaro di rettorica, perché equivaleva a dire: Voi non conoscete neanche la prima declinazione.
      Io ho avuto molte contrarietà nella vita, ma nessuna mi amareggiò più di quella. Era il primo e dolorosissimo disinganno. A dirla francamente, il principe non era stato mai per me un serio competitore nell'affare della presentazione a corte ed ero tanto sicuro che gli sarei stato preferito, che il vedermi ora posposto mi cagionò una grande sorpresa e me ne sentii offeso ed umiliato profondamente. Non perché io presumessi troppo de' meriti miei, ma solo perché ero convinto, come tutti i miei compagni, che il grado ed i titoli non potessero competere con quelle distinzioni che io avevo ragione di vantare. Nascita e grado non erano nel collegio tenuti in alcun conto; ed un balordo, fosse pur nato duca o marchese, rimaneva sempre un balordo agli occhi nostri, e come tale veniva trattato. La sola aristocrazia che riconoscessimo era quella dell'ingegno e della forza fisica unita alle doti dell'animo.
      Essere presentato al re! Ma io avrei dato le mie medaglie, i miei buoni successi, il mio stesso sangue per godermi da vicino la vista di un monarca, che io m'immaginavo così splendido, così bello e così buono.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471