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      Libri e note gli erano passati da ogni parte, ed io ridevo di tutte queste operazioni, perché mi erano indizio dell'impaccio del mio avversario. Ma questa condizione dell'animo mio fu presto turbata da una grande ansietà. Avevo appena finito di scrivere in carattere più rotondo e più bello che sapessi il titolo del componimento, La morte di Filottete, quando ricevetti un biglietto passatomi segretamente di mano in mano. Era un mio amico della prima camerata, il quale mi diceva che presto andassi da lui, perché aveva da farmi importantissime rivelazioni, che non ardiva di mettere in carta. Allora io, fingendo che m'uscisse il sangue dal naso, chiesi il permesso di allontanarmi. Appena veduto l'amico: "Ebbene, che c'è?" gli dimandai. "C'è" mi rispose "che io sono sicuro che il principe non giuoca pulito. Stamattina ho sorpreso il nostro compagno Collaretta nell'atto di copiare da un libro, di cui non mi è stato possibile vedere il titolo, una Morte di Filottete in versi sciolti. Scommetterei la testa che il camerata Barilli, che ha occhieggiato tutta la mattina alla nostra sala, ne ha portato al principe la copia".
      A tale annunzio mi si gelò il sangue nelle vene. Mi ricordai allora che il Barilli, il quale da qualche tempo la faceva da valletto al principe, non si era fatto vedere in tutta la mattina nella sala di studio, e appena tornato era corso da lui, trattenendosi un momento a parlare e per di più mi ricordai che il principe aveva allora mostrato una singolare contentezza.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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