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      Al suono di quegli applausi una dozzina di filosofi (così chiamavamo gli studenti di filosofia), la cui lezione terminava mezz'ora prima delle altre, invase la scuola chiedendo per favore il permesso di trattenersi, che dal signor Lanzi fu cortesemente concesso. Il mio trionfo sarebbe stato compiuto, se la vista del principe così disfatto non avesse amareggiato la mia gioia con un sentimento di dolore, che era quasi un rimorso. Stava colla testa appoggiata sul banco, sforzandosi inutilmente di contenere i singhiozzi, che erano fatti palesi dal convulso ansare del petto.
      Terminata la lettura, il maestro mi fece i suoi complimenti, con la più lusinghiera maniera: mi proclamò vincitore, e dette ordine al Decurione di segnare sotto il mio nome tutti i punti di merito del vinto. A questo il principe non poté più reggere: si alzò singhiozzando e fuggì via. Ma io, commosso profondamente, pregai il signor Lanzi che volesse correggere almeno questa parte della sentenza.
      Sono così lontanogli dissi "dal desiderare alcuno dei punti di merito del vinto, che io gli darei volentieri tutti i miei, pur di non avergli recato tanto dolore". Il maestro, toccato vivamente della mia preghiera, condiscese aggiungendo: "Voi così ottenete oggi un doppio trionfo, poiché avete buono il cuore, come l'ingegno".
      Debbo anche dire, per non avere a tornare di poi su questo fatto, che quella mia vittoria rimase memorabile negli annali del collegio; che in alcuni circoli della città era venuta l'idea di stampare la mia Morte di Filottete; che finalmente l'amico Alfredo poco mancò che per la gioia non desse volta al cervello.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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