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      Per prima cosa fu proibito di tirare alla testa e alla faccia, proibizione che non si conosce in Inghilterra, dove un occhio ammaccato o un'uscita di sangue dal naso è il primo trofeo di valore: in secondo luogo fu proibito di dare il gambetto. Qualunque altro modo di lotta e il gettarsi anche in terra era consentito. Chi non rispettasse queste regole era dichiarato vinto. La pugna aveva a durare finché uno dei due non cedesse, oppure il vantaggio fosse così manifesto da una parte, che i padrini credessero bene di dividerla.
      Accettammo le condizioni, e fummo visitati, per sicurezza, che non avessimo alcun'arme indosso: ci levammo l'abito, e fummo posti alla distanza di cinque passi. Dato il segnale da Anastasio e da Alfredo con un batter di mani, ci serrammo addosso, e tutta la camerata accorse per farci corona.
      Per qualche minuto il combattimento fu molto vigoroso e incerta la vittoria, quando tutto a un tratto il principe traversa con una sua gamba le mie e mi dà il gambetto; io cado a terra, trascinando però l'avversario nella mia caduta.
      Slealtà, slealtà!
      gridarono Alfredo e Federigo; "il principe ha perduto: si separino!".
      No, no; lasciamoli farestrepitano Anastasio e il suo compagno.
      Io ero così infuriato nella lotta, che sebbene fremessi di quella manifesta slealtà, pure non me ne richiamavo, a nient'altro pensando che a vincere l'avversario. Ci rotolammo più volte l'uno su l'altro; finalmente potei alzarmi sopra un ginocchio, e tenendo a terra con la sinistra la faccia del principe, gli facevo con la destra cader sulle spalle una tempesta di pugni, intimandogli la resa.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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