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      Ma questo sentimento di responsabilità era cagione che egli spingesse l'intolleranza di una fierezza degna solamente di un Torquemada, tutte le volte che a ragione o torto credesse di vedere la più leggera offesa alla religione. Ma tale è la potenza di qualunque fede profonda e sincera, benché eccessiva, che nonostante tutti i suoi effetti, i quali ci producevano spesso gravi danni, noi guardavamo con ammirazione quel frate incurvato, che in certe occasioni dirizzandosi, come per miracolo, con tutta la persona, stava maestoso e inesorabile come Mosè, quando, scendendo dal monte, trovò gl'Israeliti che adoravano il vitello d'oro.
      Aggiungi che il P. Rettore, per meglio conservar sopra di noi la sua autorità, non disdegnava ricorrere a certi modi, i quali dimostravano quanto profondo conoscitore egli fosse del cuore dei ragazzi. Circondava di un'aria di mistero tutte le operazioni, e specialmente i castighi che doveva dare. Ad esempio, non era insolito che la citazione innanzi a lui fosse subito seguita dalla scomparsa del citato. Che era stato di lui? Nessuno ne sapeva niente; e solo quando era restituito alla camerata si veniva a sapere che forse era stato in prigione: il vero sistema del governo di Venezia applicato al collegio!
      Simile in tutto agli oracoli antichi, i giudizi del temuto Frate emanavano da sorgente invisibile; poiché viveva fuori dagli occhi dei profani in una sfera misteriosa, dalla quale però faceva sentire in ogni luogo e in ogni istante la sua mano. Le sue rare comparse in pubblico erano un avvenimento importantissimo perché sempre improvviso.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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