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      E infatti, alzando gli occhi, vidi sul tavolino il volume accusatore. Io ero trovato reo del maggior delitto che potesse commettersi in collegio!
      Finalmente la tempesta annunziata da quel terribile silenzio si scatenò sul mio capo: "Ebbene, o signore, potevo io aspettarmi da voi una simile cosa? È questa la ricompensa delle cure e della bontà che vi dimostrano i superiori? Dunque voi fate uso dell'ingegno, che volle Iddio donarvi in larga copia, per gettarvi a capo fitto nella empietà? E mentre gli siete debitore del vostro tempo, voi al contrario lo sprecate nella lettura di libri empi e nello spargere il veleno dell'eresìa tra i vostri giovani compagni, quando dovreste dar loro esempi di edificazione. Ma che? Lo stesso Biscozza è un angelo a petto a voi". (Biscozza era conosciuto per il più cattivo ragazzo del collegio). "Che cosa sono, infatti, le sue fanciullesche bricconate messe a paragone con l'empietà? Non sapete voi che per il solo fatto di aver letto questo libro siete ora in peccato mortale? E non sapete che, se fosse piaciuto a Dio di farvi morire in questo momento (che la sua divina grazia vi dia tempo a pentirvene!), sareste precipitato nell'eterna dannazione? Potete voi pensare a ciò senza rabbrividire, o signore? Oppure siete già pervenuto al culmine della filosofia moderna, che nega la infallibilità del vicario di Cristo, e, bisognando, Cristo istesso?"
      C'era nel tono, con cui furono pronunciate queste ultime parole, una tal piena di triste amarezza, che io ne rimasi totalmente sopraffatto.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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