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      La prigione nella quale fui chiuso era veramente triste. Immaginatevi una stanzuccia bassa, umida, che riceveva la luce solamente dal pertugio di una piccola inferriata senza vetri, e così alta che bisognava arrampicarsi per vedere una strisciolina di cielo, non più grande di un fazzoletto. Ogni altra veduta era impedita da un'alta muraglia che sorgeva dirimpetto, a piccolissima distanza, sei piedi almeno sopra il finestrino. L'unica mobilia di questa misera cella era una seggiola impagliata, un tavolinuccio d'abete, quattro assicelle messe su cavalletti di ferro e un povero pagliericcio: tale era il mio nuovo appartamento. Senza comunicare con alcuno, senza libri, né carta, né lume, con un po' di pane e d'acqua per nutrimento, un'abbondanza di topi che scorrazzavano pel lastrico e qualche volta anche montavano sul lettuccio; con di più una tramontana che mordeva la faccia, penetrando per tutta la notte attraverso le vecchie e logore imposte che chiudevano malamente la finestra; ecco l'inventario dei comodi che aspettavano il povero prigioniero.
      Mi gettai su quel misero pagliericcio in uno stato di grande abbattimento. Quella scena del P. Rettore mi aveva fatto un'impressione così profonda, da dover pensare seriamente a' casi miei. - Dunque, sono io colpevole da meritare le pene eterne dell'inferno? - La mia ragione si ribellava contro una sentenza così terribile. - Che cosa ci può essere di empio in quel libro? Nulla, pare a me. Però il Papa lo aveva giudicato molto pericoloso, avendone proibita la lettura.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Rettore Papa