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      Il derubato protestava ad alta voce; era ormai tempo d'intervenire. Mi avvicinai ad Anastasio insieme con Alfredo e col principe, i quali si misero con molta destrezza tra lui e i suoi satelliti per separarlo. Il mio cuore batteva fitto fitto.
      Che cosa pretendete voi con queste violenze?
      dissi io "con che diritto togliete a Francesco quello che è suo?". Il tiranno impallidì. "È un affare, questo, che vi riguarda?" domandò dopo qualche esitazione, "Certamente" replicai io; "e vi domando di nuovo con che diritto gli togliete le arance?". La mia insistenza e il mio contegno risoluto impaurirono evidentemente Anastasio, che rimase muto. "Voi gliele togliete col diritto della forza, non è vero?" continuai col tono del quousque tandem abutere, Catilina (e fino a quando abuserai, o Catilina?) "ma vedremo, o signore, se voi siete il più forte! Credete forse che vogliamo sempre sopportare le vostre violenze abominevoli?". E rivoltomi al pubblico: "La pensate voi così, o galantuomini?". Alcuni energici "No, no!" si sentirono qua e là. "Quanto a me" gridai, alzando la destra, "dichiaro che non voglio più oltre sopportarle, e dico: giù il tiranno!".
      Giù il tiranno!
      ripeterono fortemente sei voci colla precisione di una scarica di moschetteria; "giù il tiranno!" rispose il resto della camerata, incoraggiato dall'esempio.
      Volete finirla con questo chiasso!
      gridò in quel mezzo il prefetto, che improvvisamente comparve sulla porta; ma ingannato dalla calma apparente della camerata, si allontanò di nuovo.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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