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      Il tiranno che era rimasto sopraffatto da questo scoppio de' suoi sudditi, riprese un po' di coraggio per il momentaneo apparire del prefetto. "Cosa significa questa commedia?" domandò con labbra tremanti e con viso pallido.
      Pensate benegli risposi io "che la commedia non abbia a finire in tragedia. Restituite, vi dico, l'arancia a Francesco".
      Niente affatto!
      .
      Per Giove! troveremo il modo di farvela restituireripresi io esasperato; e accompagnando le parole coi fatti, mi avventai contro Anastasio, seguito da vicino da Alfredo e dal principe. Fu il segnale di una zuffa tremenda. L'intera camerata, come un solo uomo, piombò sopra Anastasio, cercando ognuno di percuoterlo fortemente. "Aiuto, Pietro! aiuto, Giovanni!" gridava il tiranno con voce soffocata. Pietro e Giovanni, sentito il vento che tirava, da veri satelliti della tirannia passarono al nemico. Alle ripetute chiamate di Anastasio rispondevano con scrosci di risa, dicendo: "Siamo qui, siamo qui!" e con mazzi di corde battevano le spalle dell'antico padrone.
      Questa diserzione annichilì Anastasio. La resistenza, fatta da lui sino a quel punto contro i nostri assalti, si convertì prestamente in un'intera sottomissione.
      In ginocchio, a mani giunte, versando un torrente di lacrime, chiedeva perdono, supplicava che gli fosse risparmiata la vita, e ci volle del bello e del buono, perché Alfredo, il principe ed io, unendo i nostri sforzi, potessimo por fine a una scena doppiamente disgustosa, e per la vilissima codardia del vinto, poco fa così insolente, e per la furia spietata di quegli schiavi d'un'ora prima.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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