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      Sedici contro uno! Bisogna però confessare che quegli schiavi soffrivano da un pezzo, e crudelmente.
      Tutto ciò era accaduto in men che non l'ho detto: dimodoché, quando il prefetto ripassando dinanzi alla porta, dette uno sguardo alla sala, la camerata si era già apparentemente ricomposta all'ordine consueto. Anastasio stava seduto al suo tavolino, con la testa appoggiata sulla ribaltina, singhiozzando; ma il suo avvilimento e le sue lacrime, non che destar compassione nel cuore dei rivoltosi, gli tiravano gl'insulti più atroci: "Credo che pianga" diceva uno. "Eh! eh! fa le viste, seppure non piange l'arancia" rispondeva un altro. "Ve lo dirò io perché piange" ripigliava un terzo; "perché l'arancia era un po' acerba, e gli ha alleghiti i denti". "Si degni la Maestà vostra di accettare questa povera offerta" diceva un quarto con aria di umiltà, piegando un ginocchio e mettendogli sotto il naso una fetta di mortadella di Bologna, che subito trangugiava fra gli applausi degli spettatori.
      Da altre parti piovevano su lui minacce, insulti e amari rimbrotti. "Disperati pure, mostro, che ci hai fatto disperar tanto". "Che compassione avevi di me quando mi flagellavi con tanta crudeltà?". "Dov'è il riso sardonico, col quale rispondevi al grido delle tue vittime?". "Ora è venuto il tempo, mio buon amico" esclamava un altro "di aggiustare fra noi una piccola partita. Dove è il temperino che mi rubasti?". "Dov'è la mia palla nuova?". "Dov'è la mia bottiglia di rosolio?". "Dov'è" ecc., ecc?


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Maestà Bologna