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      E così una dozzina di voci si succedevano rapidamente come colpi di martello sull'incudine.
      E chi c'impediscegridò il primo "di riprendere la roba nostra?". "Sì, sì" risposero tutti: e in un batter d'occhio tutti quei gridatori si precipitarono sul tavolino di Anastasio, che appena ebbe tempo di scappare. Continuando a farla da moderatore, mi sforzai di frenare quella tempesta; ma non riuscendovi, cercai almeno di darle il carattere e la forma di una regolare rivendicazione di proprietà. Ma i miei consigli e le mie preghiere non erano udite in mezzo a quella furia di gente in tumulto e solo avida di vendicarsi. In un baleno il minacciato tavolino era forzato, e non solo tolto tutto quello che era stato carpito, ma anche quello che apparteneva allo stesso Anastasio: libri, penne, carta, ecc., furono fatti a briciole e calpestati; e quanto non poteva lacerarsi era gettato fuor di finestra.
      Io piangevo dentro di me per quegli atti vandalici, e imparavo per la prima volta, con mia grande mortificazione, che è più facile muovere le tempeste popolari, che placarle quando siano scoppiate. Ciò che provai in quel momento mi è ricorso più e più volte alla mente negli anni di poi, quando leggevo le storie delle rivoluzioni, e mi ha dato il modo di spiegare certe contraddizioni apparenti e certe mutazioni, di cui la vita degli uomini pubblici offre tanti esempi in tempo di rivolgimenti. Purtroppo dobbiamo sempre vedere l'abuso accanto all'esercizio di un diritto, la licenza camminare sulle calcagna della libertà, e il male a fianco del bene: ma la natura umana è fatta così.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Anastasio Anastasio