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      Se anche questa idea non fosse stata da lungo tempo in cima ai miei pensieri, pure la grave anarchia in cui era caduta la nostra camerata dopo il rovesciamento di Anastasio sarebbe di per sé sola bastata a farmi sentire la necessità che un ordine qualunque fosse stabilito e rigorosamente osservato. Questo solo poteva, nel mio parere, assicurare la libertà e salvarci dal pericolo della tirannia di molti o di uno. Perché, bisogna che io lo confessi, per questo lato non era senza timori, e la grande popolarità in cui era venuto il principe per la parte importante che aveva avuto nella nostra gloriosa rivoluzione, messa insieme con quanto sapevo di lui prima d'allora, mi teneva un poco in dubbio. Mi è grato però aggiungere che i miei timori erano senza fondamento, e che se il principe metteva a pericolo la cosa pubblica, il che faceva di quando in quando, ciò non dipendeva da personali ambizioni, ma piuttosto da un falso zelo per gli interessi della libertà, che credeva in pericolo.
      Il giorno dopo la partenza di Anastasio, avendo prima formato il piano col principe e con Alfredo, raccolsi tutta la camerata e in poche parole le esposi i miei pensieri sulla convenienza, o meglio sulla necessità, di una legge fondamentale consentita da tutti, e la istituzione di un magistrato che la facesse rispettare. Le mie parole furono accolte molto bene, e quando pronunziai, come a modo di cenno, i vocaboli di repubblica e autorità consolare, scoppiò un applauso generale. Incoraggiato da questo primo successo: "Quelli che sono per la repubblica" gridai "alzino la mano". Tutte le mani si alzarono concordemente, né una sola voce dissentì. Per proposta del principe, io fui nell'atto stesso incaricato di compilare un disegno di costituzione, da esser proposto nel più breve tempo possibile all'accettazione del popolo.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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