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      La precedeva una fanfara composta di un clarinetto, un piffero, un trombone e un grosso tamburo, che suonava sinfonie guerresche e marce militari. Quando avrò detto che tutti questi strumenti, eccetto il solo tamburo, erano fatti di cartone, e che per conseguenza i nostri suonatori improvvisati mandavano fuori dalla gola ogni nota, potrà ognuno immaginarsi quanto l'esecuzione di quella musica fosse esatta così nel tempo come nel tono. Ciascuno vestiva una divisa di carta rossa, con larghe striscie di carta dorata sul petto, portava in testa un cappello giallo con pennacchio bianco, e aveva al fianco la spada. Dopo di loro venivano i littori coi fasci sormontati da luccicanti scuri. Una lunga barba posticcia, che scendeva fino al petto e un enorme berrettone di pelo davano loro un'aria molto imponente. Un corsaletto inargentato, una specie di grembiule bianco, che dalla cintura andava fino ai ginocchi, e una larga e corta daga, il cui fodero nero spiccava sul campo bianco del grembiule, davano compimento alla loro divisa. Appresso venivano, stando ritti sopra una specie di lettiga fatta con tavole connesse alla peggio e portata a spalla da quattro cittadini di eguale altezza, i due consoli, il cui stabile equilibrio, e per conseguenza la dignità nazionale, erano spesso posti in pericolo dagl'inesperti portatori.
      Nella nostra foggia romana si vedeva la pretensione della esattezza storica, e bisogna aggiungere che nulla era stato da noi risparmiato perché fosse perfetta.
      Una tunica di anchina con larghe pieghe e stretta alla vita con una cintura di cuoio, un che di simile alle nostre bluse, cadeva fin sotto ai ginocchi, e sopra la tunica ondeggiava un certo affare di saia turchina già tenda di un letto, e che allora, con avervi ingegnosamente cucita intorno agli orli una lunga frangia scarlatta, era stata innalzata alla dignità della toga.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471